MIA PER SEMPRE

(Mondadori, 2013)

Si chiamano Anna, Chiara, Stefania, Tiziana, Rita, Enza, Serena… e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Solo nel 2012, in Italia, sono state 120 le donne uccise dal proprio ex, senza contare quelle scomparse e di cui non si sono avute più notizie.

L’omicidio all’interno della coppia non è un fenomeno nuovo, ma rispetto al passato a colpire è la tragica escalation nel numero e nella ferocia, e il fatto che le vittime sono quasi tutte donne. Tanto che, per definire questa agghiacciante realtà, è stato coniato il neologismo «femminicidio».

Cinzia Tani affronta una delle più drammatiche emergenze del nostro tempo raccontando alcuni tra gli ultimi e più efferati delitti, ma soprattutto scavando alle radici del problema, nel tentativo di fare giustizia (con l’aiuto di criminologi, psicologi e magistrati) dei tanti luoghi comuni con i quali si tende a mascherare il fatto che le donne devono ancora misurarsi con una violenza di genere che le conquiste sociali non sono riuscite a debellare. Chiamare questi delitti «passionali» o «della gelosia», frutto di un accesso di rabbia o di un momento di «blackout», sostiene l’autrice, significa solo cercare alibi per gli assassini. Invece, di solito l’uccisione della donna avviene dopo un lungo periodo di minacce, intimidazioni, violenze psicologiche e fisiche, e la furia omicida si scatena quando, verificata la loro inutilità, l’uomo avverte il pericolo di essere abbandonato e di trovarsi solo.

Ma non è la paura di perdere l’amore ad armare la mano del maschio e a rivolgerla contro la donna con cui ha vissuto per anni, bensì un folle desiderio di possesso, un delirio di onnipotenza, per scongiurare una ferita narcisistica che, diversamente, non saprebbe sopportare.

Eppure, spiega Cinzia Tani, una via d’uscita per tutte le donne che si sentono minacciate esiste: nella prevenzione, consultando specialisti già alle prime avvisaglie di comportamenti troppo aggressivi da parte del partner; ma in primo luogo nella denuncia delle violenze subite, perché il silenzio non diventi un modo per permettere a maschi deboli e vigliacchi di poter gridare sempre più forte: «Sarai mia per sempre».